Mariko Isozaki
Mariko Isozaki, nata a Tokyo nel 1964 e trasferitasi in Italia alla fine degli anni ’90 (l’artista vive e lavora a Milano),
si è laureata alla Musashino Art University della sua città, dove ha poi insegnato per dieci anni, e si è perfezionata
in ceramica a Faenza. Ha esposto in numerose “personali” e “collettive” in Giappone e in diversi paesi europei e
le sue opere si trovano al Sogetsu Art Museum di Tokyo, al Museo Internazionale della Ceramica di Faenza e in
diversi edifici pubblici del suo paese natale. In questa mostra personale, l’artista presenterà la sua più recente
produzione. La sera dell’inaugurazione ci sarà una performance di solo sassofono di Claudio Fasoli, personalità
tra le più rilevanti della scena jazzistica italiana, ispirata dalle sculture dell’artista.
…il lavoro di Mariko Isozaki è metafora e paradigma di un innato senso compositivo, di una tensione alla pulizia
formale, a quell’essenzialità che tende a “togliere” tutto il superfluo. E questo è il dato orientale. A ciò si aggiunga
la scelta di soggetti “apparentemente banali“ o “antigraziosi” e l’uso di materiali e di colori tendenzialmente “pop”.
E questo è il dato occidentale. Amalgamando il tutto ecco l’arte di Mariko Isozaki. Che senso può avere fare delle
sculture con soggetto dei piselli o delle zucche? Tutto ciò, come dicevo sopra, non è forse banale? Si, se queste
sculture vengono ”lette” solo nella loro accezione formale. Ma, dal momento che stiamo parlando di un’artista
contemporanea, dobbiamo anche calarci nei panni della contemporaneità dove, va subito chiarito, la forma
spesso è un “pretesto” cioè un’icona di significati e valori che sono “oltre”. Oltre dove? Ma ovviamente oltre
“la soglia dei significati”, cioè oltre la barriera della comunicazione verbale e gestaltica, entrando cioè in
quell’ambito di significazione concettuale che opera per analogie e per simbolismi. Ecco allora che i piselli
o le zucche sono solo delle esercitazioni volumetriche e formali che vogliono virtulizzare un’idea, un “pensiero”,
un “valore Interiore”. E l’esercitazione formale, cioè quella ricerca di essenzialità, sottende invece, e per l’appunto,
ad un’analoga “pulizia formale” di quell’idea, di quel pensiero. Tutto ciò, il ricercare la natura delle cose
(che è poi metafora del ricercare la natura del Sé) è tipico del pensiero Zen…”
Maurizio Scudiero